IL KI NEL KENDO
IL COMBATTIMENTO CON “KIZEME” NEL KENDO
Qualche anno fa ho assistito a un magnifico incontro di Kendo ai campionati Europei. Il defunto sensei Kawazoe aveva assunto la guardia jodan e aveva cominciato ad avanzare lentamente, obbligando il suo avversario a retrocedere e facendolo uscire dalla zona di combattimento.
La stessa situazione si è ripetuta anche dopo che l’arbitro aveva inflitto a quest’ultimo un’ammonizione, ‘chui’. Kawazoe vinse senza portare nessun colpo, semplicemente con la pressione del suo ki”.
Questa forma di combattimento è possibile tra adepti che hanno raggiunto un buon livello e sono capaci di esercitare la pressione del Ki e di agire di conseguenza. Un debuttante non si rende conto dei propri difetti finché non riceve un colpo. Mentre gli adepti di alto livello si affrontano sul piano del ki, prima di fare un gesto.
Il combattimento descritto sopra potrebbe essere raccontato in un altro modo.
Kawazoe, alzando lo shinai al di sopra della testa minaccia l’avversario dicendo dentro di sé:
“prova ad attaccarmi; se lo farai ti colpirò al capo (men)”.
La superficie anteriore del corpo di Kawazoe è scoperta a causa della sua guardia. L’avversario pensa di portare uno “tsuki” alla gola, ma nell’istante in cui cerca di tradurre il suo pensiero in un gesto, avverte la pressione di Kawazoe che glielo impedisce: sente che se facesse un solo movimento per attaccare, riceverebbe inesorabilmente un colpo sul capo.
Mantenendo questa pressione, Kawazoe avanza di un passo, mentre l’avversario è costretto a retrocedere. Il pensiero di poter colpire il kote (polso) di Kawazoe che avanza, viene soffocato dalla pressione del ki. Ogni volta che Kawazoe avanza, il suo avversario è costretto a retocedere: se non lo facesse, certamente riceverebbe un colpo prima ancora di riuscire ad attaccare.
E così, passo dopo passo, l’avversario di Kawazoe esce dalla zona di combattimento e riceve una ammonizione. Kawazoe vince costringendo l’avversario a uscire ripetutamente dalla zona di combattimento. Questa situazione può verificarsi frequentemente quando combattete con un avversario di livello superiore. Per contrastare questa pressione siete obbligati ad attaccare; nel momento in cui vi muovete, dovete naturalmente rassegnarvi a ricevere un colpo stupendo.
Nel caso di un combattimento tra avversari di pari livello ognuno esercita sull’altro una pressione senza che questo si traduca in una tecnica, poiché la volontà di attacco dell’uno risuona nel ki dell’altro. I più importanti combattimenti di kendo, quando gli avversari sono di fronte e incrociano la punta degli shinai, si svolgono così. Non si tratta di un combattimento del ki astratto, ma di un combattimento del ki basato su una precisa capacità tecnica, il kizeme (l’offensiva del ki).
E’ la più importante forma di combattimento nel kendo. La qualità del combattimento di kizeme non può essere acquisita una volta per tutte. Se si diventa sensibili a questa forma di combattimento, è necessario rafforzare questa qualità.
Musashi venne invitato una volta dal signore Tokugawa Yoshinao. Questi chiese a Musashi di combattere contro due adepti della sua signoria. Per questo combattimento Musashi utilizzò due spade in legno. Tenendo conto della presenza del signore egli decise di evitare di battere i suoi avversari portando un colpo.
Di fronte al suo primo avversario, Musashi prende la posizione di guardia: incrociando le spade comincia ad avanzare. L’avversario indietreggia respinto dall’energia che emana dalle spade di Musashi. Senza potersi liberare dalle punte delle spade di Musashi che sono dirette verso il suo viso, l’avversario viene respinto contro la parete della sala.
Non potendo più indietreggiare , l’avversario è costretto a scivolare contro il muro e finisce per fare l’intero giro della sala.
Musashi dice al signore: “Mio signore, io combatto così”. Il secondo avversario viene dominato da Musashi nello stesso modo.
E’ questa una forma evidente di combattimento del ki che verrà ripresa nella pratica del kenjutsu dell’epoca Edo, e successivamente nel kendo moderno in forma attenuata.
Alcuni hanno la tendenza a giudicare il combattimento unicamente sulla base dei movimenti. E’ necessario allargare la percezione per giungere al “combattimento senza combattere”; il combattimento del ki. E’ a questo livello che voi potete avvertire il movimento dello spirito che precede il gesto dell’avversario. Facendo pressione con il vostro ki sull’avversario voi potete nello stesso momento riflettere il suo ki sul vostro. Il combattimento di Kizeme si produce così, per interferenza dei due opposti Ki. E’ necessario che il grado di pressione del ki sia equivalente alla sensibilità dell’avversario di percepirlo. Lo stato di equilibrio dinamico del ki è espresso in forma poetica da una celebre massima: “ L’acqua scorre calma; la superficie come uno specchio chiaro, riflette la luna.”
La pressione del ki sull’avversario è aggressiva e violenta, la percezione del ki dell’avversario è generosa: attraverso l’integrazione di queste due opposte energie, si deve costruire la pratica del Budo. La pratica devia dal Budo se viene a mancare una delle due componenti. Uno spirito pacifico e colto predilige un ki generoso e rifiuta l’aggressività; alcune correnti o discipline nelle arti marziali preferiscono evolvere in questa direzione e si allontanano così dal Budo moderno. Ma la saggezza del Budo ci conferma che l’aggressività e la violenza non devono semplicemente essere evitate, e che soltanto immergendo se stessi nell’esperienza profonda di questi sentimenti è possibile poi uscirne.
Uscirne in che modo? Dotandosi degli elementi opposti: si tratta giustamente di un equilibrio dinamico, positivo e negativo, yin e yang. Il lavoro sul ki nel Budo affronta questa forma di sublimazione. Il Budo giapponese affonda le sue radici nel pensiero buddista, particolarmente lo zen. E’ qui che origina il concetto di combattimento quale fondamentale elemento formativo dell’uomo che integra nelle tecniche di combattimento, elementi contradditori quali l’armonia, la tolleranza, la generosità.
Non si tratta di sopprimere l’aggressività le cui radici toccano la parte più profonda della nostra esistenza, ma piuttosto di coltivarla in modo diverso.
La pratica del ki nel Budo ci dà questa coscienza. Io penso che si debba coltivare questa forma di percezione del ki per poter condurre un combattimento di kendo a un livello superiore