Keiko (la pratica)

29.12.2013 05:45

Nel kendō la pratica di allenamento è comunemente conosciuta con il termine di keiko o, meno diffuso, con il termine di jiyu-renshu.
Anticamente il significato originale del termine keiko sembra essere associato all’attitudine mentale inerente la meditazione, lo studio e la riflessione delle azioni e degli insegnamenti esemplari offerti da maestri e praticanti di alto livello; è solo in tempi relativamente recenti che il termine ha assunto il significato di renshu, ‘pratica’, connesso all’esperienza diretta dell’addestramento.
Nel kendō il praticante si esercita ad agire istintivamente, senza l’interpolazione del pensiero razionale che ritarda il tempo di azione, per questa ragione il keiko si è necessariamente trasformato da riflessione in azione, addestramento reiterato per l’accrescimento delle proprie potenzialità istintive.

samurai
 

 

Dopo le fasi iniziali di apprendimento delle tecniche fondamentali del kendō (posizioni di base o kamae e colpi fondamentali) la pratica si evolve attraverso tre metodi di allenamento:

  1. kakari-geiko (allenamento di attacco continuo, praticato principalmente dai principianti con i kendoka di livello avanzato)
  2. gokaku-geiko (allenamento tra kendoka di pari esperienza)
  3. Hikitate-geiko (allenamento nel quale un kendoka di maggior esperienza ne istruisce uno di grado inferiore)

Concludiamo queste brevi note sulla nozione di keiko ricordando che in Giappone si utilizza il termine asageiko per designare la ‘pratica’ che si svolge al mattino, durante il periodo estivo, mentre si ricorre al termine kangeiko per definire la ‘pratica’ che si svolge durante i mesi invernali

RESPIRAZIONE

“Gli antichi cinesi credevano che a ogni anima fosse destinato solo un certo numero di respiri. Sprecare un respiro era un peccato e abbreviava la vita; al contrario, respirare in modo lento e naturale prolungava la vita”.

La maggior parte di noi presta poca attenzione al respiro; respirare è un atto naturale e proprio per questo non abbiamo bisogno di pensare per farlo, è altrettanto vero, però, che la vita che conduciamo ci porta di frequente ad accumulare tensioni e rigidità che inevitabilmente si ripercuotono sul nostro modo di respirare. .
In genere durante le sessioni di kendō si lavora molto sulla respirazione, per quanto riguarda il resto della giornata, invece, è molto difficile prestare la giusta attenzione e il tempo necessario per curare questo aspetto fondamentale dell’esistenza dell’essere umano.
Non esiste un buon kendō senza una respirazione consapevole; respirare nel modo giusto durante l’esecuzione di un kata, a esempio, riesce a farci percepire meglio il nostro movimento, il nostro corpo e riesce a farci percepire meglio la presenza e l’energia della persona con la quale stiamo scambiando la nostra pratica.
Se pensiamo che dedicare attenzione e studio per tentare di respirare correttamente sia tempo perso, o semplicemente un dettaglio, abbiamo già fallito nella nostra pratica.
La respirazione è una ricerca continua; cambia con il mutare del nostro modo di fare kendō, cambia secondo il livello raggiunto dal praticante ma a qualsiasi punto si sia arrivati, o si voglia tentare di arrivare, la ricerca del modo di respirare deve essere continua e incessante.

Una respirazione corretta, durante la pratica del kendō, può essere divisa in tre fasi:

  1. inspirare
  2. trattenere il respiro (apnea)
  3. espirare

Quando immettiamo l’aria nei polmoni, cioè durante l’inspirazione, dobbiamo evitare di farlo in modo forzoso o affrettato, deve avvenire il più naturalmente possibile e dobbiamo fare in modo che sia l’aria a entrare nei nostri polmoni e non compiere noi meccanicamente l’azione di respirare.
La quantità di aria che inspiriamo deve essere funzionale alle necessità del nostro corpo in quel determinato istante e in quella determinata condizione o azione.

Trattenere il respiro, rimanere in apnea, è sicuramente insolito ma è un momento prezioso in cui abbiamo la possibilità di ascoltare quello che accade dentro di noi; durante la pratica del kendō è un momento che ci offre magnifiche possibilità.
Durante la ritenzione del respiro le energie interiori convergono in un punto che percepiamo nel nostro addome, in quella parte del corpo che i giapponesi chiamano hara, è un respiro che non resta sospeso in alto, nella zona dei polmoni, ma che si deposita verso la parte bassa del nostro addome, in quella parte fondamentale per la pratica del kendō.
Dobbiamo impegnarci e imparare a respirare in questo modo durante la pratica, gradualmente diventerà parte di noi e non potremo più farne a meno.

Durante l’apnea le energie si accumulano per poter essere rilasciate durante la fase dell’espirazione, che nel kendō è associata all’emissione del kiai e al colpo di spada.
Con il tempo e con la pratica impariamo che, in alcuni casi, l’aria che abbiamo inspirato deve essere rilasciata non tutta insieme ma un poco alla volta, cioè espirata in momenti diversi secondo il tipo di tecnica che stiamo eseguendo.

Quando eseguiamo una tecnica che si protrae nel tempo, può essere necessario inspirare più di una volta; in questi casi l’inspirazione deve essere impercettibile e, possibilmente, non compiuta mentre stiamo svolgendo l’azione.

Ricordiamo che le fasi dell’inspirazione e dell’espirazione sono i momenti di maggior instabilità, quelli durante i quali il nostro avversario può attaccare o contrattaccare con più possibilità di riuscita; la fase dell’apnea (durante la quale è consigliabile che la lingua sia tenuta piatta contro il palato, senza lasciarvi aria) è invece il momento di maggior stabilità, quello in cui siamo pronti e vigili a compiere qualsiasi azione.
Ogni persona è diversa, di conseguenza queste brevi note indicative sulla respirazione devono essere sperimentate da ognuno attraverso l’esperienza diretta per poi poterle applicare e gestire durante lo svolgimento della pratica.

Queste indicazioni sul respiro sono finalizzate alla pratica del kendō; esistono molte ricerche e possibilità di studio sulla respirazione e quindi ognuno ha davanti un vasto campo di ricerca; ogni esperienza in questa direzione, se fatta con la voglia di ampliare le proprie conoscenze e acquisire un modo di respirare più consapevole anche nella quotidianità, non potrà che migliorare la qualità della nostra vita.

In genere i praticanti di kendō si dedicano alla pratica dello zazen, nella quale il respiro e la sua modulazione è parte fondamentale di questa ricerca.